IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Letti  gli  atti  del  procedimento  penale  n. 3786/1991 g.i.p. a
 carico di Zingarofalo Mauro accusato del delitto p. e p. dall'art.  2
 della  legge  7 agosto 1982, n. 516, per non aver versato nei termini
 prescritti le ritenute operate a titolo di acconto quale sostituto di
 imposta;
    Rilevato che in data 18 dicembre 1991, il p.m. ha chiesto a questo
 ufficio l'archiviazione degli atti con la seguente motivazione: "  ..
 l'esiguita'  delle  somme  non  versate  nei  termini  prescritti non
 consente di ravvisare a carico dell'imputato  una  omissione  dolosa,
 cosi'  come  richiesto  dall'art.  2,  secondo  comma, della legge n.
 516/1982";
    Rilevato che questo  giudicante,  non  condividendo  la  richiesta
 della  pubblica  accusa,  ha,  dopo  l'udienza  di  cui all'art. 409,
 secondo comma, del c.p.p., chiesto al p.m. di formulare l'imputazione
 ai sensi del quinto comma dello stesso art. 409 del c.p.p. non avendo
 l'indagato alla data dell'udienza in camera di consiglio  (  ex  art.
 409  del  c.p.p.)  ancora  versato  le ritenute d'acconto di cui alla
 denuncia in  atti  dell'ufficio  fiscale,  astenendosi  altresi'  dal
 giustificare  in  qualche  modo  tale  omissione; e cosi' tenendo una
 condotta omissiva da qualificare con quasi certezza come volontaria;
    Rilevato  che  il  p.m.  ha  adempiuto  alla  richiesta  instando,
 comunque,   per   la   archiviazione   degli   atti:  "In  esecuzione
 all'ordinanza del 12 giugno 1992 si restituiscono  gli  atti  con  la
 formulazione    dell'imputazione,    ribadendo    la   richiesta   di
 archiviazione del 18 dicembre 1991";
    Considerato che tale presa di posizione del p.m. nell'assetto  del
 nuovo  codice  di  procedura penale - nel quale la persona fisica del
 p.m. deve possibilmente rimanere la  stessa  e  durante  le  indagini
 preliminari e durante la successiva fase del giudizio - rende sterile
 in  pratica  l'intervento del g.i.p. nel momento in cui, decidendo di
 non archiviare il procedimento manifesta una valutazione delle  prove
 in atti che e' in contrasto con quella della pubblica accusa;
    Ritenuto che cio' delinea la possibilita' di un esercizio di fatto
 discrezionale dell'azione penale non essendo pensabile 1) che il p.m.
 del   presente   processo,   che   gia'   inizialmente   ha   chiesto
 l'archiviazione degli atti e che ha, in  occasione  della  elevazione
 del  capo  d'imputazione  richiestagli  dal  g.i.p.  in  applicazione
 dell'art.  409,  quinto  comma  del  c.p.p.,  reiterato  il   proprio
 convincimento   circa   la   necessita'   della   archiviazione   del
 procedimento,  si  liberi  al  dibattimento  di  tale  suo   profondo
 orientamento  e faccia propria la tesi d'accusa che ha evidenziato il
 g.i.p. quando invece di archiviare, ha invitato il p.m.  a  formulare
 l'imputazione,   2)   e   che  sostenga  con  vigore  la  costruzione
 accusatoria prospettata, in base agli atti, appunto dal g.i.p., cosi'
 concorrendo, con l'impulso che unicamente all'organo  della  pubblica
 accusa  appartiene,  nella  fase  dibattimentale alla acquisizione di
 tutti gli elementi di prova che servono per sostenere sino  in  fondo
 l'accusa durante la discussione;
    Ritenuto  quindi  che le gravi conseguenze pratiche implicitamente
 sin qui accennate (ovviamente poco avvertibili nel caso marginale nel
 quale  per  motivi  di  pratica  opportunita'  questo  giudicante  ha
 ritenuto  di sollevare la questione) - ossia la possibile incapacita'
 dell'attuale processo penale di  esprimere  con  efficacia  una  tesi
 d'accusa  diversa  da  quella  iniziale  del p.m. (ove questa non sia
 condivisa dal g.i.p.), e quindi di dare concretezza al controllo  che
 il g.i.p. e' tenuto a fare sull'esercizio dell'azione penale da parte
 del  p.m.  - generano perplessita' tutt'altro che di poco conto sulla
 legittimita' costituzionale -  con  riferimento  al  principio  della
 obbligatorieta'   dell'azione  penale  sancito  dall'art.  112  della
 Costituzione - 1) dell'art. 3 delle  disposizioni  di  attuazione  al
 c.p.p.,  che  fa  obbligo  ai  titolari  degli  uffici  del  pubblico
 ministero  di  mantenere,  ove  possibile,  in  tutte  le  fasi   del
 procedimento  il  magistrato  originariamente  designato,  e 2) degli
 artt. 53 - secondo comma e 409 - quinto comma c.p.p., che, non  prev-
 edendo tra le ipotesi di sostituzione del p.m. quella in questione in
 pratica  impongono  ai  responsabili  delle  procure di far seguire i
 processi, anche nel caso di dissenso del g.i.p. sulla  richiesta  del
 p.m.   di  archiviazione,  nella  successiva  fase  del  dibattimento
 disposta dal g.i.p., al medesimo p.m. che si e'  occupato  all'inizio
 del procedimento;
    Ritenuto  quindi  che  (pur  nella chiara, si ripete, lievita' del
 disvalore della fattispecie concreta in esame), non presentandosi  la
 questione  manifestamente  infondata, gli atti debbono essere rimessi
 alla Corte costituzionale e il processo sospeso;